Rileggendo il Ritorno del Cavaliere Oscuro

C’è quella scena, muta, dell’omicidio dei genitori di Bruce.

Una sola inquadratura per mostrare tutto un universo che crolla, con la mano del padre che prima tiene in disparte il figlio dal pericolo, poi lo stringe in un ultimo impeto di vitalità, e infine cade, come un’argine che si spezza, lasciando Bruce indifeso di fronte all’orrore.

Solo contro il buio:


Il trauma ha chiuso in Bruce ogni possibilità di evoluzione e cambiamento.

La voragine lasciata dagli affetti è stata riempita dall’ossessione per il potere e il controllo.
Batman non si fida di nessuno, e quindi deve controllare tutti. Deve rimanere sempre un passo avanti ai suoi avversari, per poterli mettere in gioco. Ciò esalta la sua mente e le sue risorse, assolutamente umane ma micidiali contro chiunque.

Miller sfruttava ogni potenzialità del fumetto: le vetuste didascalie (quelle che in Topolino servivano a dire: Frattanto, oppure E’ una giornata come le altre a Paperopoli..)  usate a mò di tragica voce fuori campo, stile detective perdente da giallo di quart’ordine. Spesso lo stile di questo scrittore passava da una secca, cinica essenzialità a frasi spiazzanti, di vera poesia, che non avevano nulla da invidiare alla tecnica più verbosa, letteraria, complessa, dell’illustre collega Alan Moore.

Lo stile grafico doveva molto a Eisner: ogni personaggio, perfino i minori, era caratterizzato con un aspetto buffo o stilizzato, a seconda del ruolo, secondo la logica di immediata riconoscibilità dei cartoon.

Le vignette, le onomatopee, i balloon, cambiavano di continuo forma, e si innestavano come parte integrante nel disegno stesso, a seconda delle esigenze che volevano esprimere.

Il ritmo della storia non perdeva colpi. Sembrava di leggere qualcosa di eterno, simbolico, come i poemi epici.

Miller prese quello che all’epoca (anni ottanta) era divenuto l’emblema del supereroe pacchiano, il Batman rovinato dalla demenzialità della serie televisiva anni sessanta, e lo rese l’alfiere della rinascita della narrativa supereroistica, capace da allora di offrire temi più adulti, personaggi di successo capaci di attirare pubblico di tutte le età, e interessare gli altri media.

Nel corso della storia Bruce trova e ritrova alcuni compagni di lotta.
Sono persone schiacciate da una società incomprensibile, ingiusta, e terrificante, in cui le speranze per il futuro sono ridotte a zero a causa del clima da guerra fredda, il terrorismo e la violenza urbana incalzano.

Non sono soltanto amici e collaboratori.

Condividono empaticamente il suo terrore e disgusto per il crimine, tanto da renderlo una sorta di cassa di risonanza

Ne è un  perfetto esempio Gordon stesso, quando dice che " Più cose sai del crimine, più ti fa paura".
Oppure nell’affermazione secondo cui non si scoprì mai se Roosvelt sapesse o meno dell’imminente attacco a Pearl Harbour. Eppure, considera Gordon, l’attacco ebbe l’effetto di spingere il popolo americano a una reazione contro il terrore, giusta o sbagliata che fosse.

Per cui semplicemente lui smise di chiedersi se un’eventualità simile era giusta o sbagliata, e che, in fondo, si trattava di "questioni troppo gigantesche" per la gente comune.

Ciò porta a una venerazione del ribelle puro, (chiamata anche da alcuni anarchia, ma io credo invece che Batman alla fine imponga una sua legge, e non la superi affatto) dell’individualista determinato e immobile contro le avversità, come uno sceriffo di frontiera o un samurai.

Lo stesso discorso di Batman che per sconfiggere i mutanti deve dominarli e diventarne capo, è basato sull’assunto che tutto ciò in grado di sopravvivere è per definizione puro.

Nel tempo in cui si svolge la storia Bruce è anziano. Egli vede nei mutanti una vitalità, per quanto perversa, e decide di controllarla invece che terminarla.

L’america Reaganiana è lo scenario perfetto per il risveglio della rabbia e l’individualismo.
Il terrore, la paura della bomba atomica e di una guerra imminente tiene tutti schiavi del governo corrotto e impegnato a nutrirsi del proprio falso mito.

Certe pagine sembrano scritte ai giorni nostri.
I discorsi sugli abitanti del Corto Maltese che "vogliono" gli americani, in quanto espressione della volontà di Dio " o di quello che più ci assomiglia".

Le considerazioni di Reagan su come abbia imparato la politica basandosi sulla gestione del suo ranch, perfetta caricatura del politico-cowboy repubblicano… cavoli, non è cambiato nulla, sembra di risentire Sarah Palin che dice di capire la politica estera perché ogni tanto l’aereo presidenziale di Putin sorvola l’Alaska!

Questo ci porta a Superman, che nella storia diventa il simbolo di un potere immenso asservito ai corrotti.

Un Dio addomesticato dall’ipocrisia e dal clima di paura tipico della Guerra Fredda, coi suoi ricatti morali.

Miller riesce a scrivere sequenze bellissime sul personaggio (vedi il legame/preghiera tra Clark e la madre terra, come due fratelli che bevono alla fonte dello stesso sole), tirandone fuori tutto il lato simbolico-mitologico, pur essendo costretto a usarlo in un certo modo, per esigenze narrative.

Perfetto esempio di ciò è il confronto tra l’educazione dei Kent e l’educazione "violenta" della morte appresa contro il suo volere da Bruce serve ad esaltare e rendere più marcato ed eroico il protagonista, secondo la tecnica di definizione di un personaggio attraverso la negazione di quanto c’è nell’altro.

Con l’epica lotta tra i due personaggi, e la speranza in un futuro di riscossa, in compagnia di tanti giovani, termina il volume.

Gli eroi sono connessi al sacrificio. Il sacrificio è spesso necessario per ottenere importanti cambiamenti.

Cosa porta il sacrificio nell’eroe-Batman?

Egli è asservito davvero a uno scopo più grande, o si limita ad essere un simbolo incarnato della tensione sociale?

Batman non opera per cambiare la società col suo operato, non propone cambiamento.

La sua è una crociata votata al mantenimento dell’equilibrio.

E’ allo stesso tempo al di sopra del bene e del male, eppure ansioso di ricoprire tutto col suo mantello.

"Batman pensa sempre a tutto". E sogna di addormentarsi felice, senza più nulla di cui dover preoccuparsi e pensare.

Esaltazione della vitalità, eppure bisogno estremo di controllo.
Nelle mani di Miller, la contraddizione di Batman diventa forza e verve narrativa.
Diventa epica, evocativa, come certi film western o duelli di antichi cavalieri.
 
Il pugno di ferro del personaggio è compensato dal suo individualismo romantico e strafottente nei confronti delle ipocrisie della struttura in cui opera, capace di risvegliare il nostro stesso individualismo, ferito dal marciume.

Un equilibrio di questo tipo è molto fragile.

Nolan, nel film "Il Cavaliere Oscuro", mostra come per mantenerlo si arrivi al punto di inscenare una vera e propria bugia mediatica.

Un saluto:

Il giornalista Enzo Baldoni , nella sua parallela attività di traduttore di fumetti, è stato uno dei primi  a cimentarsi nella traduzione dei due capolavori di Frank Miller: il sopraccitato DKR e Batman: Anno Uno.
Aveva  uno sguardo nel quale scintillavano divertimento, creatività, voglia di raccontare il mondo.
Lo ricordo con un sorriso e gli dico grazie.

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